Vita di parrocchia

Esperienza di parrocchia

Questa mi mancava proprio. In tutta la mia vita, avendo quasi sempre lavorato in ufficio, come prete sono sempre stato un jolly, inviato in aiuto da una parrocchia all’altra, secondo le necessità, sostituendo i preti impediti. Durante la mia permanenza a Roma ero andato diverse volte soprattutto a Natale e a Pasqua in Sardegna in diverse parrocchie come aiuto pastorale. Altrettanto facevo in seguito in Trentino, aiutando il parroco di Coredo ai Santi e morti, Natale e Pasqua.
Da novembre 2016 a fine giugno 2020 invece sono stato stabile in una parrocchia della diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza in Toscana, a Torrita di Siena.

Mi aveva offerto questa opportunità un mio confratello salesiano che era da tempo impegnato ad Abbadia di Montepulciano. Per togliermi da una condizione di incertezza mi disse che poteva mettermi in contatto con un vescovo per aiutare eventualmente in una parrocchia. Accolsi la sua proposta e il 6 ottobre 2017 egli mi accompagnò a Montepulciano dal Vescovo il quale, dopo aver letto il mio curricolo e sentita la mia storia, mi propose di aiutare un parroco molto anziano e malato a Torrita di Siena. Dopo un breve incontro con questo parroco, tornai da Roma a Torrita in macchina il 10 novembre portando con me poche cose essenziali. Lasciai quasi tutto il materiale sulla biblioteca a Roma, a casa di una mia amica e collaboratrice. 

A Torrita mi sistemai nella casa parrocchiale al secondo piano, nell’appartamento che mi aveva indicato il parroco e il vescovo: trovai la cucina sgombrata perché don Valentino si era trasferito al primo piano. Visto il frigo vuoto, per prima cosa andai a fare la spesa per avere qualcosa da mangiare. D’ora in avanti avrò anche questa necessità: farmi la spesa, cucinare e tenere in ordine la cucina e la casa. L’appartamento era stato occupato anni prima dalle suore stimmatine: c’erano tre camerette, due bagni, la cucina, sala da pranzo e alcuni ripostigli. Io occupo una cameretta, al termine del corridoio con il bagno attiguo. Le altre due camerette e il relativo bagno in mezzo erano a disposizione per  eventuali ospiti. Dovevo imparare a gestire la mia vita da solo. 

Nuovi ritmi di vita

A Montefollonico alla processione del Corpus Domini

La vita della parrocchia è ritmata dalla liturgia e dalle attività pastorali: feste e tradizioni, funzioni, messe e funerali, amministrazione di sacramenti, processioni, catechismi, prime comunioni, Cresime, oratorio, riunioni di associazioni e categorie. Le cresime furono amministrate a novembre, quando io ero appena arrivato. Le prime Comunioni ho dovuto celebrarle io nella festa di Pentecoste il 4 giugno, essendo il parroco già molto malato. La domenica dopo, festa del Corpus Domini, ho portato il santissimo per le vie del paese nelle quali erano state allestiti tappeti di fiori con molta fantasia. Anche qui dovevo accontentarmi di venir a sapere nella imminenza delle circostanze quali erano le usanze, le cose da fare, da coordinare. Il parroco non aveva alcun dialogo con me, non mi spiegava nulla e io stesso non ero invadente o curioso di sapere.

Impressioni e considerazioni

La prima impressione del mio nuovo stile di vita fu la solitudine. Sono letteralmente solo e ora che il parroco non c’è, ancora di più. Non vedo più gente attorno a me. La vita non è più regolata da ritmi comunitari, da orari, da campanelli. Me la devo costruire io di giorno in giorno, fissandomi degli orari di massima, distribuendo il tempo tra preghiera, studio, impegni e lavoro. Vanno inclusi anche i tempi per fare la spesa, per cucinare, lavare le stoviglie, pulire e tenere in ordine l’appartamento. Devo pensare anche alla biancheria, dove lavarla, ecc.

L’altra considerazione riguardante la parrocchia è la complessità di situazioni. La gestione di una parrocchia prevede una molteplicità di operazioni e di interessi che richiedono una competenza specifica e una adeguata preparazione che noi religiosi non abbiamo (avuto). Una mia amica mi aveva regalato un voluminoso “Manuale del parroco”, pensando che l’avrei studiato per diventare parroco. Dopo la morte di don Valentino il vescovo mi aveva anche chiesto di prendere il suo posto oppure, più tardi, di trasferirmi a Montefollonico, dove avrei potuto gestire da solo la modesta parrocchia.
Ma avevo capito che avrei fatto meglio in ogni caso a rifiutare.

L’altro aspetto di saper guidare una parrocchia è sicuramente la grande responsabilità che grava sul parroco che deve formare, orientare, guidare la comunità che gli è affidata. Si richiede equilibrio, saggezza, prudenza, competenza in diversi campi nella legislazione, non solo canonica, ma anche civile. Saper guidare vuol anche dire saper formare e scegliere dei collaboratori esperti nei vari campi di azione e non pretendere di poter fare tutto da soli. Comunque non sono io quello che deve dare consigli, perché la mia funzione era solo di aiuto.

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