Da Castel Gandolfo a Torrita di Siena
Da novembre 2016 mi trovo in una parrocchia della diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza in Toscana. Molte persone, incuriosite per il mio accento non proprio toscano, mi chiedevano: Come è capitato da queste parti? Lo hanno mandato in castigo? Anche per me la storia mi è sembrata curiosa, non combinata, ma occasionata o meglio provvidenziale, poiché secondo me nulla avviene per caso.
Mi trovavo a Castel Gandolfo dove terminavo il mio secondo anno sabbatico. Avrei dovuto rientrare in ispettoria salesiana nel Piemonte, dopo aver rinunciato alla proposta di andare in Moldavia a causa di dolorosi attacchi di sciatica. Nell’incertezza della mia prossima destinazione, un giorno, era il 15 settembre, ricevo una telefonata dal Laterano: d. Manlio mi invita ad incontrarlo per farmi una proposta seria. Ero curioso di sapere che tipo di proposta mi avrebbe fatto. Lui era parroco ad Abbadia di Montepulciano e mi disse che poteva mettermi in contatto col vescovo per aiutare eventualmente in una parrocchia. Tre giorni dopo accolsi la proposta e il 6 ottobre fui accompagnato a Montepulciano dal Vescovo il quale, dopo aver letto il mio curricolo e sentita la mia storia, mi propose di aiutare un parroco molto anziano e malato.
Il parroco don Valentino
Il 22 ottobre 2016 il vescovo mi accompagna a Torrita di Siena e mi presenta a don Valentino Vannozzi, parroco da quasi 50 anni nella parrocchia alta del borgo storico. L’incontro con l’anziano prete non fu particolarmente cordiale. Parlava con difficoltà e stentava a camminare. Lo rassicurai che non ero lì per sostituirlo, ma solo per aiutarlo e chiedevo a lui consigli per rendermi utile. Mi sembrava imbarazzato, ma di fronte al vescovo non disse nulla. In seguito ripeté molte volte che chiedessi al vescovo cosa dovevo fare. Gli rispondevo che ero a sua disposizione.
Mi fermai a Torrita per due giorni: sabato e domenica e poi, preso visione della situazione, ripartii per Roma.
Presentandomi il parroco, il vescovo mi aveva detto che era un parroco-contadino che fino a pochi anni fa andava sul trattore a coltivare i campi. Nei quasi cinquant’anni di parrocchia don Valentino è sempre vissuto da solo. Vuol fare tutto da sé e non condivide niente con nessuno. Era abituato a comandare e la sua parola era sempre l’ultima, quella che decideva autorevolmente ogni questione. Nel giro degli anni gli erano stati dati in aiuto diversi viceparroci, ma lui li aveva sempre mandati via tutti dopo poco tempo e non aveva mai voluto nessun aiutante. Ora, anziano (84 anni) e malato, stentava a camminare, biascicava le parole e la gente si lamentava che non riesciva a capirlo quando celebrava o predicava. Effettivamente anch’io pur standogli a fianco, non riuscivo a capirlo. Lui però aveva una enorme forza di volontà e voleva andare avanti da solo, desiderando arrivare al 60° di ordinazione, prima di dare le dimissioni.
Comprendendo la sua situazione e il suo disagio, l’ho rassicurato che non ero venuto a sostituirlo, non avevo alcuna intenzione di diventare parroco, ma che avrei voluto imparare da lui, non avendo alcuna esperienza pastorale. Accettava che io concelebrassi con lui, ma non mi cedeva mai la presidenza. Alla solenne messa di mezzanotte a Natale, mi disse senza complimenti: “Non si concelebra” per cui me ne dovetti stare buonino alle sedi e lo aiutai solo a distribuire la comunione. In seguito, mi indicava le messe da celebrare la domenica: la prefestiva del sabato, quella delle 8 al mattino, ma poco alla volta mi affidò anche la messa delle 11,15, riservando a sè solo quella serale delle 18. Non comunicava quasi mai direttamente con me, ma gli ordini li ricevevo di solito tramite il sacrestano. Il più delle volte mi toccava celebrare i funerali, per cui nei primi mesi ne celebrai una ventina. Dopo qualche mese della mia presenza, continuava ad insistere perché io chiedessi al vescovo che cosa dovevo fare.
Gli feci presente che gli incarichi avrei dovuto riceverli da lui che era parroco e non dal vescovo. Il vescovo mi diede alcune indicazioni generiche per accontentare l’arciprete.
Malattia e morte del parroco
Dopo qualche mese dal mio arrivo, ho visto dei miglioramenti nella malattia di don Valentino. Forse la mia presenza e qualche medicina lo ha spronato a riprendersi un po’. Non usava più il bastone e riusciva a camminare più speditamente. Ma erano solo illusioni. La settimana santa era molto preoccupato per l‘organizzazione della processione del venerdì santo con il Cristo morto, detta “la bella” che si faceva ogni quattro anni, con 8 comparse in costume, i cavalli e tutta la gente del paese. Nel consiglio pastorale siamo riusciti a convincerlo ad invitare l’altro parroco (Torrita stazione) a presiedere la processione. Per lui questa preparazione fu l’ultimo sforzo. Era molto sofferente e la mattina del sabato santo fu ricoverato all’ospedale per accertamenti. Furono scoperte diverse metastasi che indicavano una drammatica situazione senza ritorno. Volle essere riportato a casa, ma capì che non poteva stare solo. Il 20 maggio chiese lui stesso di essere portato in casa di riposo a Sartiano, dove resistette per una decina di giorni, ma poi volle che lo si riportasse a casa, e si cercasse una badante per assisterlo. Fummo fortunati a trovare una signora ucraina molto paziente che lo assistette amorevolmente fino al suo decesso avvenuto la mattina del 27 giugno.
Il giorno seguente ebbero luogo le esequie presiedute dal vescovo e partecipate da 25 sacerdoti. Don Valentino è stato un grande parroco legato alla storia e alla vita di questo paese per quasi cinquant’anni.
Mia nomina a vicario parrocchiale
Effettivamente mi mancava la nomina ufficiale. Il vescovo aspettava il permesso del mio superiore che io avevo ricevuto ancora a novembre, ma ero convinto che il vescovo ne avesse ricevuto copia. Chiarito l’equivoco, gli feci avere copia del permesso di “Assenza dalla casa religiosa per un anno” e dopo pochi giorni mi arrivò dal vescovo la nomina a vicario parrocchiale datata dal 1. Febbraio 2017. Da questa data scattava anche l’assegno per il sostentamento del clero. Questo fece sospendere l’Assegno sociale che negli ultimi anni ricevevo dall’INPS.
Nomina di un nuovo parroco e unificazione delle parrocchie
A Torrita c’erano molte chiese e la popolazione era servita da due parrocchie: in alto al borgo antico la parrocchia dei Ss. Costanzo e Martino che ufficiava principalmente nella “Collegiata” o in S. Flora; al piano (stazione) dove negli anni ’70 si era sviluppato notevolmente il paese, era stata costruita una nuova chiesa parrocchiale dedicata a Nostra Signora del Rosario. Le due parrocchie erano indipendenti e tra loro non c’era mai stata molta comunicazione. Dopo la morte di don Valentino, il vescovo prese la drastica soluzione di unire le due parrocchie affidandole al parroco della “stazione” D. Roberto Malpelo, pur essendo anche Vicario giudiziale del tribunale Regionale Etrusco. Egli fu “insediato” a Torrita e a Montefollonico il 15 luglio 2017. Ovviamente la popolazione fece difficoltà ad accettare questa decisione, ma si rassegnò. Anch’io mi adattai e, insieme all’altro vice-parroco don Fabio, continuai a “servire” alternandomi nelle celebrazioni tra le due chiese, a cui era unita anche la parrocchia di Montefollonico (distante una decina di chilometri da Torrita) rimasta anch’essa priva di parroco. Per un anno circa la situazione continuò in questo modo pur con qualche difficoltà, anche perchè don Roberto si assentava sovente dovendo seguire il suo incarico nei tribunali ecclesiastici della regione. Per questo suo specifico e importante incarico fu chiamato alla CEI (Conferenza Episcopale Italiana) ad assumere la presidenza dei tribunali ecclesiastici a livello nazionale.
Un nuovo parroco torritese
Ad assumere l’eredità di don Roberto Malpelo propose la propria candidatura un giovane sacerdote, torritese di origine, che era stato formato e seguito fin da giovane da don Valentino: don Andrea Malacarne, precedentemente parroco a Pienza. Egli venne insediato solennemente il 24 giugno 2019 nelle chiese principali: la Collegiata dei Ss. Costanzo e Martini, a N.S. Del Rosario e nella chiesa di S. Leonardo a Montefollonico.
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