Mi conceda Dio di parlare con intelligenza e di riflettere in modo degno dei doni ricevuti. (Sap 7,17)
Ogni nostra attività è targata da una specifica individualità che ci è stata conferita dal creatore che si differenzia da persona a persona, come del resto la fisionomia tipica di ognuno manifesta la fantasia infinita di Dio. Ognuno di noi, prima o dopo, scopre in sé delle attitudini, dei tratti che caratterizzano in modo costante il proprio comportamento o che sono comuni in molte azioni che compie. Sono i “doni di natura”, il bagaglio personale che costituisce l’indole, il carattere specifico della persona, il suo ritratto tipico. Non sempre questa scoperta è facile, perché richiede un’analisi profonda sul proprio comportamento e sui motivi che sostengono le nostre azioni. Altre volte sono gli altri che rilevano queste caratteristiche.
Rivolgendo lo sguardo alla mia vita passata, molte persone mi hanno riconosciuto dei meriti per quanto ho potuto realizzare nelle diverse fasi della mia vita. A stento riesco a crederci, pur dovendo ammettere la oggettiva realtà. Nella mia giovinezza ammiravo spesso le eccellenti doti e capacità di alcuni miei compagni, mentre io soffrivo di complessi di inferiorità, avendo una scarsa considerazione di me stesso. Solo poco alla volta sono riuscito a convincermi che anch’io ero stato arricchito dal Signore di personali doti, attitudini e predisposizioni specifiche con le quali, messo in particolari situazioni, sono riuscito a sviluppare progetti e realizzare determinate opere e imprese. Con modestia, sincerità e riconoscenza voglio attribuire i miei successi a Colui che mi ha concesso questi doni.
Meditando la parabola dei talenti (cfr. Mt 25,14-30; Lc 19,12-26), si apprende che le doti naturali gratuite, devono essere adoperate e coniugate con le capacità acquisite con l’esperienza, per creare dei risultati notevoli. La responsabilità di “trafficare” i talenti è anzitutto della persona stessa, ma anche dei superiori della congregazione religiosa che, accogliendo il candidato, si impegna a “offrire la possibilità di esplicare le sue doti di natura e di grazia” (Cost. 52) e il cui superiore “ha una speciale responsabilità nel discernere questi doni, nel favorirne lo sviluppo e il retto esercizio” (Cost. 69). Anzi, proprio con questa convinzione sono arrivato talvolta a contestare gli ostacoli che mi venivano posti da alcuni responsabili che volutamente o inconsciamente limitavano lo sviluppo delle mie capacità ed esperienze.
Altra convinzione che ho sempre avuto è che questi doni particolari, che avverto di aver ricevuto, sono “manifestazioni particolari dello Spirito per il bene comune” (1Cor 12,7), e in questo senso ho cercato di metterli a disposizione della comunità e non aver avuto mai di mira la mia gloria o l’utilità personale.