Dimissioni da prefetto e partenza da Roma
Aleph e Urbe scrissero delle pagine di storia gloriosa durante la mia permanenza a Roma e io in qualità di protagonista mi sentivo attivamente partecipe di tutti e due i progetti che oltretutto onoravano la nostra biblioteca portandola in primo piano tra le biblioteche pontificie per la sua intraprendenza e la sua esemplarità. Ma i tarli della gelosia e della invidia o qualche altro fattore stavano erodendo le radici della rigogliosa pianta e veniva deciso di interromperne la crescita. Nonostante io continuassi a fare il mio dovere con dedizione, convinzione ed entusiasmo, mi accorsi della progressiva freddezza del Rettore succeduto a don Giannatelli. Mi venivano fatte delle richieste assurde, come la stampa delle schede, diventata ormai un lavoro inutile e superfluo, visto che la scheda bibliografica nel computer offriva informazioni 20 volte maggiori rispetto alla scheda cartacea.
Mi veniva negato l’acquisto di nuove attrezzature tecniche come il lettore multiplo di CD-Rom con il quale avevo progettato di poter estendere notevolmente il campo delle ricerche offrendo l’accesso a varie bibliografie nazionali. Avevo infatti partecipato a Milano ad un Corso specializzato di aggiornamento professionale riguardante “Il recupero dell’informazione e le nuove tecnologie” Basi di dati e CD-Rom, Milano, 16-17-18 maggio 1989, organizzato dalla Editrice Bibliografica.
Qualche anno dopo partecipai anche ad un altro convegno: La rete CD-ROM in biblioteca: dalla teoria alla pratica. Roma 3 novembre 1993 organizzato dalla DEA e dall’AIB. ero sempre più convinto che, come biblioteca, dovevamo fare un passo avanti. Mi sembrava ovvio che la nostra biblioteca non volesse restare indietro di fronte al progresso che si stava imponendo. Ma mi illudevo.
Il primo shock fu l’esclusione repentina, fatta in maniera disumana, alla vigilia di Natale, di tutti i collaboratori temporanei che portavano avanti l’importante lavoro di catalogazione e di inserimento nel computer. Il motivo fu la pretesa di un collaboratore che voleva essere assunto a tutti i costi minacciando di rivolgersi ai sindacati per sostenere le sue ragioni. Nessuno dei suoi 22 colleghi si unì alla sua richiesta, ma la minaccia fece scattare la paura provocando la decisione di allontanare tutti in una maniera poco umana e cristiana. Riuniti tutti i collaboratori per gli auguri alla vigilia di Natale, dovetti dare l’annuncio “Dopo le vacanze di Natale nessuno doveva più presentarsi”. Incomprensioni e accuse ingiuste avevano creato attorno a me diffidenza e ostilità. Fino ad oggi non sono riuscito a sapere i veri motivi di queste tragiche decisioni. Mancava la comunicazione e il rettore si rifiutava di darmi udienza e di accettare un dialogo aperto con i nostri collaboratori. Fece imporre da un consulente esterno la creazione di una cooperativa (denominata poi “L’Araba Fenice“) che raccolse meno di un terzo dei lavoratori precedenti. L’impostazione della cooperativa risultò inoltre molto più costosa e meno efficiente.
Atro colpo avvenne alla ripresa del lavoro dopo l’estate del 1993. Rientrato dalle ferie trovai un ordine impartito dal rettore che mi imponeva l’esclusione degli studenti e utenti esterni, limitandone la presenza fino ad un massimo di 12![1] Un ordine senza preavviso, senza chiarimenti, senza essere stato motivato o concordato. Tergiversai a rendere effettivo quell’ordine, pensando di ottenere assieme ai collaboratori salesiani un incontro con il rettore. Non accettai questa strana imposizione anche perché in biblioteca mi sentivo io il responsabile e la mia idea era di massima apertura a tutti i possibili utenti. La biblioteca veniva infatti frequentata solamente dal 2% dei nostri studenti. Aspettavo di poter discutere la cosa con il consiglio della biblioteca, quando fui travolto da un ordine dell’economo, trasmesso direttamente alle impiegate, mi scavalcava di brutto. Decisi allora di dare le dimissioni da prefetto, almeno per protesta. Avrei poi fatto con calma una lettera al gran Cancelliere che sapevo in quel momento all’estero. Al rettore non parve vero avere in mano con facilità l’occasione di eliminarmi. Diversamente forse non avrebbe avuto il coraggio. Provvide con sollecitudine a rendere effettive le mie dimissioni, non accettò alcun colloquio, né da lui potei avere alcuna spiegazione della frase che mi fu riferita: “sono stufo di sentire tante lamentele su di te”, cosa che a me risultava del tutto nuova. Alla chetichella, dopo quasi due mesi venne nominato come mio successore don Picca, professore di sacra Scrittura, e fu lui stesso che venne a comunicarmi la sua nomina per la mia sostituzione. Egli era un uomo docile e tuttofare, che pretendeva di sapere tutto e mi disse anche di non avere bisogno di consegne (!). Coscienziosamente avevo messo insieme un dossier di oltre cento pagine nel quale esponevo al dettaglio il progetto seguito nei vari settori, spiegavo quanto era stato fatto e ciò che restava da fare per completare l’opera. Questo dossier restava come importante documento sulla situazione della biblioteca di quegli anni e mi servì egregiamente per compilare la storia della biblioteca dell’UPS degli ultimi trent’anni . [pubblicata poi presso Academia.edu]
D’ora in avanti il mio compito doveva essere limitato alla gestione del computer. Ma il programma Aleph, sul quale si basava tutto il lavoro della biblioteca, non potevo più continuare ad applicarlo e a svilupparlo. Vidi così poco alla volta limitarmi il raggio di azione e con esso scemare anche il mio entusiasmo. La mia competenza non veniva minimamente presa in considerazione; non potevo più coordinare e dare direttive. Si veniva creando così una situazione grottesca e assurda, per cui poco alla volta maturò in me il desidero di cambiare aria. Avevo sentito dell’inizio dell’opera salesiana in Russia e mi ero meravigliato che nessuno mi facesse la proposta, pur essendo noto il mio interesse per la lingua russa.
Nel marzo del 1996 diedi direttamente la mia disponibilità al neoeletto Rettor Maggiore don Edmundo Vecchi, il quale in una pausa del Capitolo Generale mi convocò per sentire le mie motivazioni. Venni a sapere che ormai per me erano già chiuse tutte le porte dell’UPS: senza circonlocuzioni mi disse: “il tuo compito all’UPS è finito”! Feci presente la situazione e le mie implicanze in tanti progetti legati allo sviluppo di URBE. Non gliene importava nulla. L’unica cosa che gli interessava era allontanarmi dall’UPS. Qualcuno aveva soffiato interessato sul fuoco. A maggio ricevetti la lettera di “obbedienza” del Rettor Maggiore per recarmi temporaneamente in Russia. Iniziai così a fare accertamenti ed esami clinici per vedere se in me tutto fosse a posto. Scopersero che avevo fatto diverse epatiti. Chiesi di poter fare degli accertamenti, ecografie, visite specialistiche che mi sconsigliavano di recarmi in Russia. Avevo comunque già combinato e partii ugualmente per due mesi, in quanto a settembre avrei dovuto fare una bioscopia presso l’ospedale San .
[1] Strana decisione che si trova in contrasto con l’impegno di aprire la biblioteca al territorio per avere il permesso della nuova costruzione. Inoltre nel “Progetto istituzionale e strategico 2016-2021” a pag. 38 si afferma decisamente: “ampia apertura della biblioteca, anche a livelli di territorio”. Ma allora noi 25 anni prima, avevamo visto giusto?!