Ripensamento

La scossa della salute

L’età avanza e ce ne accorgiamo poco alla volta, adattandoci alla situazione.  Incominciano ad apparire gli incomodi e i fastidi. Si ha bisogno del medico, del dentista, dell’oculista, dell’epatologo, delle analisi, dei controlli e delle medicine.

Non avevo mai dato molta importanza a certi inconvenienti fisici. Fu durante il periodo delle benedizioni pasquali che mi accorsi della fatica a salire le scale, dell’affanno che provavo e del dolore al petto che talvolta diventava acuto e anche preoccupante. Una mattina, verso la fine di gennaio, stavo per partire per portare la benedizione alle famiglie, ma sentendo un dolore più forte del solito, volevo desistere, quando il mio collega viceparroco don Fabio mi propose di portarmi al Pronto Soccorso dell’ospedale di Nottola.

Mi fecero vari controlli tra cui anche l’elettrocardiogramma e mi trattennero per un paio di giorni  nel reparto di cardiologia decidendo poi di inviarmi ad Arezzo per un intervento di ecografia intravascolare e angioplastica coronarica, eseguito il 30 gennaio 2020, vigilia della festa di don Bosco.

Ancora nel viaggio di ritorno, sull’ambulanza che mi riportava all’ospedale di Nottola, ricevetti una telefonata del vescovo e del parroco, preoccupati più che della mia salute, delle conseguenze per la mia efficienza pastorale.
Questo mi fece capire che iniziava per me un periodo di maggiore riguardo per la salute e di indebolimento delle mie forze con le relative conseguenze.

 Nuova proposta del vescovo

Durante gli Esercizi spirituali interdiocesani tenuti a Marina di Lucca a inizio marzo, il vescovo mi ha avanzato la proposta di nominarmi delegato diocesano per l’ecumenismo. La proposta mi fece riflettere a lungo sulle potenzialità che potevo avere per questo incarico e, avendo sua eccellenza già trasmesso il mio nominativo alla CEI, ricevevo già comunicazioni e proposte per incontri a livello regionale e nazionale. Se da un lato la proposta mi allettava, avendo avuto un po’ di esperienza con gli ortodossi, dall’altra parte la consideravo inadatta perchè dentro di me pensavo per il mio futuro ad un’altra decisione.
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Maturazione di una importante decisione

Nonostante la successione di tre diversi parroci in pochi anni, il mio impegno pastorale in parrocchia continuava alternando gli impegni di celebrazioni nelle varie chiese: Colleggiata di san Martino e Costanzo o Santa Flora, Madonna del Rosario e Montefollonico, con la cura quasi mensile del Notiziario parrocchiale, dentro di me stava maturando una decisione che nasceva dalla nostalgia del mio passato di religioso, dalla riflessione sulla deviazione fatta di uscire dalla Congregazione per entrare in diocesi e da miei personali problemi di relazioni. In tutto questo aveva il suo peso anche il mio stato di salute, l’anzianità, la vita in solitudine di questi anni e il pensiero del termine della vita.

Il desiderio di “tornare a casa”, di riprendere la vita in una comunità di fratelli, di seguire la mia vocazione di religioso che avevo professato oltre sessant’anni prima, si coniugava con le scarse e incomprensibili relazioni interpersonali in parrocchia. Tutto questo si concretizzò nella decisione di interrompere anzitempo l’indulto che mi aveva portato alla convenzione tra i miei superiori religiosi e la diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza. L’indulto prevedeva la durata massima di cinque anni, e avrebbe potuto continuare giuridicamente ancora per altri tre anni, concludendosi o con un inserimento automatico in diocesi o con la decisione di interruzione che io ho preferito anticipare.

Ultimo mio saluto

La mia partenza il 30 giugno 2020 chiude questo periodo della mia vita. Qualcuno si è accorto che sono sparito: sì sono proprio andato via da Torrita. Ho voluto ritirarmi in silenzio, senza saluti ufficiali, come era avvenuto quando arrivai a Torrita quattro anni fa (16 novembre 2016) e il vescovo mi aveva affiancato a don Valentino per sostenerlo nella sua infermità. Ora che la parrocchia è saldamente nelle mani di un giovane prete intraprendente, il mio aiuto risultava alquanto superfluo.

L’età che avanza (sono sulla soglia degli 80), la diminuzione della piena efficienza fisica e, non ultima, la preoccupazione del mio avvenire, mi hanno fatto riflettere sul mio futuro e portato alla decisione di abbandonare la diocesi e la parrocchia per rientrare nella mia Congregazione dove spero di trascorrere i miei ultimi giorni in un ambiente a me più familiare.

Il ricordo resta

Naturalmente, lasciando Torrita non vuol dire che dimentico tutti e tutto. Conservo e porto con me la stima e l’affetto di molte persone che hanno usufruito del mio ministero sacerdotale. Alle intenzioni che ogni giorno ricordo nelle mie celebrazioni, aggiungo anche tutti quelli che sono riuscito a conoscere in questi anni e su tutti estendo la mia benedizione. Vi lascio nelle buone mani di zelanti pastori ai quali auguro tanti frutti e molta soddisfazione…

Le chiese

Torrita di Siena: tante chiese

Il paese di Torrita di Siena con Montefollonico può vantare una numerosa ricchezza di chiese.

La “Collegiata”

Nel borgo antico emerge la chiesa Collegiata, dedicata ai santi Costanzo e Martino, la chiesa sulla piazza Matteotti di Santa Flora e Lucilla; sulla via che parte dalla piazza principale troviamo la Chiesa di Santa Croce e pocodistante la chiesa della Santissima Annunziata, recentemente rimessa in funzione dopo essere stata per anni deposito di materiali. Fuori del borgo troviamo la chiesa  Madonna della Pace e la chiesetta dedicata alla Madonna della Neve, accanto alla piazza Gioco del pallone. Al cimitero è stata restaurata e messa in funzione la chiesa Madonna dell’Olivo. Sulla via Lauretana incontriamo la chiesa della  Madonna delle Fonti a Giano e alla frazione di Ciliano a circa due km da Torrita, la chiesa dedicata a San Lorenzo.
Alla stazione troviamo la chiesa Nostra Signora del Rosario e la piccola chiesa di San Domenico e a qualche chilometro la chiesa del Capannone. 

A Montefollonico troviamo la chiesa principale è dedicata a S. Leonardo, la chiesa del Triano e la chiesa della Compagnia del Corpus Domini.

 

Le Comunicazioni

Mi guardo intorno

Arrivato in questo paese a me del tutto sconosciuto, ho voluto anzitutto da scout  esplorare l’ambiente in cui mi trovavo. Desideravo conoscere la storia, le tradizioni, e giravo per il paese osservando tutto e informandomi, pur non osando, per la mia innata ritrosia e riservatezza, porre tante domande. il mio modo di assimilare era l’osservazione diretta. In secondo luogo l’altra fonte di informazioni era per me la ricerca sui siti internet.

La mia esperienza passata, soprattutto alla LDC editrice, poi in seguito all’università salesiana e infine in Russia, dove ho fondato un’editrice, mi aveva affinato e impratichito nel mondo della comunicazione scritta, audiovisiva e informatica: avevo pubblicato giornali, bollettini a stampa e in formato elettronico. Ma qui a Torrita non avevo né radio, né televisione, né giornali dove attingere informazioni per essere informato. Ho acquistato un telefono e installato un modem per potermi collegare in internet e il computer fu l’unico mezzo per comunicare e ricevere informazioni.

Trovando difficoltà nell’essere informato per tutte quelle manifestazioni, ho dedotto che mancavano degli strumenti di informazione sia in paese che in parrocchia. Ho pensato che questa mia esperienza passata poteva essere il mio contributo concreto nel campo della comunicazione.

Notiziario parrocchiale

Ho trovato in biblioteca un bollettino pubblicato dalla parrocchia dal 1936 fino agli anni 60 e ho pensato di farlo risuscitare in un formato moderno. La mia esperienza passata (Russia e biblioteca UPS) mi venne in aiuto e ho progettato un Notiziario parrocchiale, il cui primo numero è apparso il 15 marzo 2017. Nonostante lo scoraggiante commento dell’arciprete (“Qui nessuno legge!”) ho fatto il tentativo stampandone 800 copie e distribuendolo direttamente durante la benedizione delle famiglie. Ho raccolto decine di indirizzi di posta elettronica ai quali inviavo i successivi numeri, fino all’ultimo, (se non sbaglio col n. 26) quello di addio inviato a fine giugno 2020. Erano circa 200 gli indirizzi e-mail che ero riuscito ad avere, ma quando, dal materiale propagandistico del comune venni a sapere che riuscivano a raggiungere 5000 indirizzi, mi vergognai della inerzia della parrocchia che non arrivava a raggiungere i propri fedeli, se non con gli avvisi appesi alla porta delle chiese e con le comunicazioni vocali. Peccato! Purtroppo, non ho portato via nemmeno una copia dei Notiziari, ma mi pare di aver lasciato un esemplare in biblioteca. 

Sito web della parrocchia

Un sito web era un altro sogno che ero disposto a realizzare durante la mia collaborazione a Torrita. Durante la mia vita avevo creato diversi siti web: in Russia: www.donbosco.ru (con la presentazione del sistema educativo, dei salesiani, di don Bosco e della editrice csdb), poi il sito della biblioteca UPS che ancora non esisteva, di fronte ai siti personali delle facoltà e dei singoli docenti, il sito sulla storia della famiglia Tabarelli e quello personale della mia autobiografia. Anche a Torrita avevo pensato di realizzare un sito web sulla parrocchia e sulle attività da essa svolte. Avrebbe potuto includere anche il notiziario e ogni genere di altre  comunicazioni. D’accordo con la diocesi avevo già ottenuto un dominio e l’accesso come amministratore, ma purtroppo ho dovuto fermarmi. Ho però continuato la preparazione rielaborando le informazioni sui preti di Torrita dell’800 e del’900, preparando i testi che narravano la storia della parrocchia, la descrizione delle varie chiese, le devozioni e le tradizioni della parrocchia, le strutture, le confraternite e le varie organizzazioni e associazioni, ecc. Avevo preparato anche una ricchissima documentazione fotografica. Dato il rifiuto che mi era stato fatto a questa proposta che ritenevo utile e necessaria, ho voluto essere buono, lasciando tutto questo materiale in consegna al Parroco su una pennetta, casomai intendesse trovare dei collaboratori disposti a servirsene. 

Vita di parrocchia

Esperienza di parrocchia

Questa mi mancava proprio. In tutta la mia vita, avendo quasi sempre lavorato in ufficio, come prete sono sempre stato un jolly, inviato in aiuto da una parrocchia all’altra, secondo le necessità, sostituendo i preti impediti. Durante la mia permanenza a Roma ero andato diverse volte soprattutto a Natale e a Pasqua in Sardegna in diverse parrocchie come aiuto pastorale. Altrettanto facevo in seguito in Trentino, aiutando il parroco di Coredo ai Santi e morti, Natale e Pasqua.
Da novembre 2016 a fine giugno 2020 invece sono stato stabile in una parrocchia della diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza in Toscana, a Torrita di Siena.

Mi aveva offerto questa opportunità un mio confratello salesiano che era da tempo impegnato ad Abbadia di Montepulciano. Per togliermi da una condizione di incertezza mi disse che poteva mettermi in contatto con un vescovo per aiutare eventualmente in una parrocchia. Accolsi la sua proposta e il 6 ottobre 2017 egli mi accompagnò a Montepulciano dal Vescovo il quale, dopo aver letto il mio curricolo e sentita la mia storia, mi propose di aiutare un parroco molto anziano e malato a Torrita di Siena. Dopo un breve incontro con questo parroco, tornai da Roma a Torrita in macchina il 10 novembre portando con me poche cose essenziali. Lasciai quasi tutto il materiale sulla biblioteca a Roma, a casa di una mia amica e collaboratrice. 

A Torrita mi sistemai nella casa parrocchiale al secondo piano, nell’appartamento che mi aveva indicato il parroco e il vescovo: trovai la cucina sgombrata perché don Valentino si era trasferito al primo piano. Visto il frigo vuoto, per prima cosa andai a fare la spesa per avere qualcosa da mangiare. D’ora in avanti avrò anche questa necessità: farmi la spesa, cucinare e tenere in ordine la cucina e la casa. L’appartamento era stato occupato anni prima dalle suore stimmatine: c’erano tre camerette, due bagni, la cucina, sala da pranzo e alcuni ripostigli. Io occupo una cameretta, al termine del corridoio con il bagno attiguo. Le altre due camerette e il relativo bagno in mezzo erano a disposizione per  eventuali ospiti. Dovevo imparare a gestire la mia vita da solo. 

Nuovi ritmi di vita

A Montefollonico alla processione del Corpus Domini

La vita della parrocchia è ritmata dalla liturgia e dalle attività pastorali: feste e tradizioni, funzioni, messe e funerali, amministrazione di sacramenti, processioni, catechismi, prime comunioni, Cresime, oratorio, riunioni di associazioni e categorie. Le cresime furono amministrate a novembre, quando io ero appena arrivato. Le prime Comunioni ho dovuto celebrarle io nella festa di Pentecoste il 4 giugno, essendo il parroco già molto malato. La domenica dopo, festa del Corpus Domini, ho portato il santissimo per le vie del paese nelle quali erano state allestiti tappeti di fiori con molta fantasia. Anche qui dovevo accontentarmi di venir a sapere nella imminenza delle circostanze quali erano le usanze, le cose da fare, da coordinare. Il parroco non aveva alcun dialogo con me, non mi spiegava nulla e io stesso non ero invadente o curioso di sapere.

Impressioni e considerazioni

La prima impressione del mio nuovo stile di vita fu la solitudine. Sono letteralmente solo e ora che il parroco non c’è, ancora di più. Non vedo più gente attorno a me. La vita non è più regolata da ritmi comunitari, da orari, da campanelli. Me la devo costruire io di giorno in giorno, fissandomi degli orari di massima, distribuendo il tempo tra preghiera, studio, impegni e lavoro. Vanno inclusi anche i tempi per fare la spesa, per cucinare, lavare le stoviglie, pulire e tenere in ordine l’appartamento. Devo pensare anche alla biancheria, dove lavarla, ecc.

L’altra considerazione riguardante la parrocchia è la complessità di situazioni. La gestione di una parrocchia prevede una molteplicità di operazioni e di interessi che richiedono una competenza specifica e una adeguata preparazione che noi religiosi non abbiamo (avuto). Una mia amica mi aveva regalato un voluminoso “Manuale del parroco”, pensando che l’avrei studiato per diventare parroco. Dopo la morte di don Valentino il vescovo mi aveva anche chiesto di prendere il suo posto oppure, più tardi, di trasferirmi a Montefollonico, dove avrei potuto gestire da solo la modesta parrocchia.
Ma avevo capito che avrei fatto meglio in ogni caso a rifiutare.

L’altro aspetto di saper guidare una parrocchia è sicuramente la grande responsabilità che grava sul parroco che deve formare, orientare, guidare la comunità che gli è affidata. Si richiede equilibrio, saggezza, prudenza, competenza in diversi campi nella legislazione, non solo canonica, ma anche civile. Saper guidare vuol anche dire saper formare e scegliere dei collaboratori esperti nei vari campi di azione e non pretendere di poter fare tutto da soli. Comunque non sono io quello che deve dare consigli, perché la mia funzione era solo di aiuto.

Il Paese

Torrita di Siena è un borgo medievale nell’aspetto e nelle tradizioni, gelosamente custodite.

Vedere il sito Torrita di Siena su facebook.

La mia presenza in parrocchia era discreta, non invadente: facevo quello che mi era stato suggerito. Cercavo anzitutto di imparare, osservare, di essere presente alle lezioni di catechismo la domenica, vedendo quello che veniva fatto. Appoggiavo l’iniziativa dell’Oratorio, nata spontaneamente proposta da un gruppo di insegnanti sensibili alle necessità della gioventù. Mi informavo sulle attività che venivano organizzate dalle varie associazioni che man mano venivo scoprendo.

Palazzo comunale di Torrita imbandierato

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Il Parroco

Da Castel Gandolfo a Torrita di Siena

Da novembre 2016 mi trovo in una parrocchia della diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza in Toscana. Molte persone, incuriosite per il mio accento non proprio toscano, mi chiedevano: Come è capitato da queste parti? Lo hanno mandato in castigo? Anche per me la storia mi è sembrata curiosa, non combinata, ma occasionata o meglio provvidenziale, poiché secondo me nulla avviene per caso.
Mi trovavo a Castel Gandolfo dove terminavo il mio secondo anno sabbatico. Avrei dovuto rientrare in ispettoria salesiana nel Piemonte, dopo aver rinunciato alla proposta di andare in Moldavia a causa di dolorosi attacchi di sciatica. Nell’incertezza della mia prossima destinazione, un giorno, era il 15 settembre, ricevo una telefonata dal Laterano: d. Manlio mi invita ad incontrarlo per farmi una proposta seria. Ero curioso di sapere che tipo di proposta mi avrebbe fatto. Lui era parroco ad Abbadia di Montepulciano e mi disse che poteva mettermi in contatto col vescovo per aiutare eventualmente in una parrocchia. Tre giorni dopo accolsi la proposta e il 6 ottobre fui accompagnato a Montepulciano dal Vescovo il quale, dopo aver letto il mio curricolo e sentita la mia storia, mi propose di aiutare un parroco molto anziano e malato.

Il parroco don Valentino

Il 22 ottobre 2016 il vescovo mi accompagna a Torrita di Siena e mi presenta a don Valentino Vannozzi, parroco da quasi 50 anni nella parrocchia alta del borgo storico. L’incontro con l’anziano prete non fu particolarmente cordiale. Parlava con difficoltà e stentava a camminare. Lo rassicurai che non ero lì per sostituirlo, ma solo per aiutarlo e chiedevo a lui consigli per rendermi utile. Mi sembrava imbarazzato, ma di fronte al vescovo non disse nulla. In seguito ripeté molte volte che chiedessi al vescovo cosa dovevo fare. Gli rispondevo che ero a sua disposizione.
Mi fermai a Torrita per due giorni: sabato e domenica e poi, preso visione della situazione, ripartii per Roma.

Presentandomi il parroco, il vescovo mi aveva detto che era un parroco-contadino che fino a pochi anni fa andava sul trattore a coltivare i campi. Nei quasi  cinquant’anni di parrocchia don Valentino è sempre vissuto da solo. Vuol fare tutto da sé e non condivide niente con nessuno. Era abituato a comandare e la sua parola era sempre l’ultima, quella che decideva autorevolmente ogni questione. Nel giro degli anni gli erano stati dati in aiuto diversi viceparroci, ma lui li aveva sempre mandati via tutti dopo poco tempo e non aveva mai voluto nessun aiutante. Ora, anziano (84 anni) e malato, stentava a camminare, biascicava le parole e la gente si lamentava che non riesciva a capirlo quando celebrava o predicava. Effettivamente anch’io pur standogli a fianco, non riuscivo a capirlo. Lui però aveva una enorme forza di volontà e voleva andare avanti da solo, desiderando arrivare al 60° di ordinazione, prima di dare le dimissioni.

Comprendendo la sua situazione e il suo disagio, l’ho rassicurato che non ero venuto a sostituirlo, non avevo alcuna intenzione di diventare parroco, ma che avrei voluto imparare da lui, non avendo alcuna esperienza pastorale. Accettava che io concelebrassi con lui, ma non mi cedeva mai la presidenza. Alla solenne messa di mezzanotte a Natale, mi disse senza complimenti: “Non si concelebra” per cui me ne dovetti stare buonino alle sedi e lo aiutai solo a distribuire la comunione. In seguito, mi indicava le messe da celebrare la domenica: la prefestiva del sabato, quella delle 8 al mattino, ma poco alla volta mi affidò anche la messa delle 11,15, riservando a sè solo quella serale delle 18. Non comunicava quasi mai direttamente con me, ma gli ordini li ricevevo di solito tramite il sacrestano. Il più delle volte mi toccava celebrare i funerali, per cui nei primi mesi ne celebrai una ventina. Dopo qualche mese della mia presenza, continuava ad insistere perché io chiedessi al vescovo che cosa dovevo fare.
Gli feci presente che gli incarichi avrei dovuto riceverli da lui che era parroco e non dal vescovo. Il vescovo mi diede alcune indicazioni generiche per accontentare l’arciprete.

Malattia e morte del parroco

Dopo qualche mese dal mio arrivo, ho visto dei miglioramenti nella malattia di don Valentino. Forse la mia presenza e qualche medicina lo ha spronato a riprendersi un po’. Non usava più il bastone e riusciva a camminare più speditamente. Ma erano solo illusioni. La settimana santa era molto preoccupato per l‘organizzazione della processione del venerdì santo con il Cristo morto, detta “la bella” che si faceva ogni quattro anni, con 8 comparse in costume, i cavalli e tutta la gente del paese. Nel consiglio pastorale siamo riusciti a convincerlo ad invitare l’altro parroco (Torrita stazione) a presiedere la processione. Per lui questa preparazione fu l’ultimo sforzo. Era molto sofferente e la mattina del sabato santo fu ricoverato all’ospedale per accertamenti. Furono scoperte diverse metastasi che indicavano una drammatica situazione senza ritorno. Volle essere riportato a casa, ma capì che non poteva stare solo. Il 20 maggio chiese lui stesso di essere portato in casa di riposo a Sartiano, dove resistette per una decina di giorni, ma poi volle che lo si riportasse a casa, e si cercasse una badante per assisterlo. Fummo fortunati a trovare una signora ucraina molto  paziente che lo assistette amorevolmente fino al suo decesso avvenuto la mattina del 27 giugno.
Il giorno seguente ebbero luogo le esequie presiedute dal vescovo e partecipate da 25 sacerdoti. Don Valentino è stato un grande parroco legato alla storia e alla vita di questo paese per quasi cinquant’anni.

Mia nomina a vicario parrocchiale

Effettivamente mi mancava la nomina ufficiale. Il vescovo aspettava il permesso del mio superiore che io avevo ricevuto ancora a novembre, ma ero convinto che il vescovo ne avesse ricevuto copia. Chiarito l’equivoco, gli feci avere copia del permesso di “Assenza dalla casa religiosa per un anno” e dopo pochi giorni mi arrivò dal vescovo la nomina a vicario parrocchiale datata dal 1. Febbraio 2017. Da questa data scattava anche l’assegno per il sostentamento del clero. Questo fece sospendere l’Assegno sociale che negli ultimi anni ricevevo dall’INPS.

Nomina di un nuovo parroco e unificazione delle parrocchie

A Torrita c’erano molte chiese e la popolazione era servita da due parrocchie: in alto al borgo antico la parrocchia dei Ss. Costanzo e Martino che ufficiava principalmente nella “Collegiata” o in S. Flora; al piano (stazione) dove negli anni ’70 si era sviluppato notevolmente il paese, era stata costruita una nuova chiesa parrocchiale dedicata a Nostra Signora del Rosario. Le due parrocchie erano indipendenti e tra loro non c’era mai stata molta comunicazione. Dopo la morte di don Valentino, il vescovo prese la drastica soluzione di unire le due parrocchie affidandole al parroco della “stazione” D. Roberto Malpelo, pur essendo anche Vicario giudiziale del tribunale Regionale Etrusco. Egli fu “insediato” a Torrita e a Montefollonico il 15 luglio 2017. Ovviamente la popolazione fece difficoltà ad accettare questa decisione, ma si rassegnò. Anch’io mi adattai e, insieme all’altro vice-parroco don Fabio, continuai a “servire” alternandomi nelle celebrazioni tra le due chiese, a cui era unita anche la parrocchia di Montefollonico (distante una decina di chilometri da Torrita) rimasta anch’essa priva di parroco. Per un anno circa la situazione continuò in questo modo pur con qualche difficoltà, anche perchè don Roberto si assentava sovente dovendo seguire il suo incarico nei tribunali ecclesiastici della regione.  Per questo suo specifico e importante incarico fu chiamato alla CEI (Conferenza Episcopale Italiana) ad assumere la presidenza dei tribunali ecclesiastici a livello nazionale.

Un nuovo parroco torritese

Ad assumere l’eredità di don Roberto Malpelo propose la propria candidatura un giovane sacerdote, torritese di origine, che era stato formato e seguito fin da giovane da don Valentino: don Andrea Malacarne, precedentemente parroco a Pienza. Egli venne insediato solennemente il 24 giugno 2019 nelle chiese principali: la Collegiata dei Ss. Costanzo e Martini, a N.S. Del Rosario e nella chiesa di S. Leonardo a Montefollonico.

Torrita di Siena

Esperienza di parrocchia

Visione del centro storico di Torrita di Siena.

Questa mi mancava proprio: esperienza di parrocchia. In tutta la mia vita come prete sono sempre stato un jolly inviato in aiuto da una parrocchia all’altra, sostituendo i preti impediti. Durante la mia permanenza a Roma ero andato diverse volte a Natale e a Pasqua in Sardegna in diverse parrocchie come aiuto pastorale. Altrettanto facevo in seguito in Trentino, aiutando il parroco di Coredo ai Santi, Natale e Pasqua. Da novembre 2016 invece sono per alcuni anni in una parrocchia della diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza in Toscana.

Da Castel Gandolfo a Torrita di Siena

Molti, incuriositi per il mio accento non proprio toscano, si sono chiesti: Come è capitato da queste parti? Lo hanno mandato qui in castigo? Anche per me la storia mi sembrava curiosa, non combinata, ma occasionata o meglio provvidenziale, poiché secondo me nulla avviene per caso.
Mi trovavo a Castel Gandolfo dove terminavo il mio secondo anno sabbatico. Avrei dovuto rientrare in ispettoria nel Piemonte, dopo aver rinunciato alla proposta di andare in Moldavia a causa di dolorosi attacchi di sciatica. Nell’incertezza della mia prossima destinazione, un giorno, era il 15 settembre, ricevo una telefonata dal Laterano: d. Manlio mi invita ad incontrarlo per farmi una proposta seria. Ero curioso di sapere che tipo di proposta mi avrebbe fatto. Lui era parroco ad Abbadia di Montepulciano e mi disse che poteva mettermi in contatto col vescovo per aiutare eventualmente in una parrocchia. Tre giorni dopo accolsi la proposta e il 6 ottobre fui accompagnato a Montepulciano dal Vescovo il quale, dopo aver letto il mio curricolo e sentita la mia storia, mi propose di aiutare un parroco molto anziano e malato di Alzheimer. Il 22 ottobre 2016 il vescovo mi accompagna a Torrita di Siena e mi presenta a don Valentino Vannozzi, parroco da quasi 50 anni nella parrocchia alta del borgo storico. L’incontro con l’anziano prete non fu particolarmente cordiale. Parlava con difficoltà e stentava a camminare. Lo rassicurai che non ero lì per sostituirlo, ma solo per aiutarlo e chiedevo a lui consigli per rendermi utile. Mi sembrava imbarazzato e ripeté molte volte che chiedessi al vescovo cosa dovevo fare. Gli rispondevo che ero a sua disposizione. Mi fermai lì due giorni: sabato e domenica e poi  ripartii per Roma.

Nei giorni seguenti ebbi la fortuna di trovare l’occasione per acquistare una macchina in buono stato, una Fiat Punto che ha anche l’impianto a GPL. Risolte le pratiche per il passaggio e l’assicurazione, mi recai in Trentino per salutare i miei familiari e per prestare aiuto delle confessioni per i giorni dei morti. Prima di rientrare a Roma potei anche assistere, il 7 novembre, all’insediamento di don Raimondo, il nuovo parroco di Coredo-Smarano-Sfruz e Tavon e fare la sua conoscenza. Il 3 novembre intanto, mio fratello P. Angelo era stato accompagnato in Sicilia, secondo il suo desiderio.

Tornai a Torrita in macchina il 10 novembre portando con me poche cose essenziali. Mi sistemai nella casa parrocchiale al secondo piano, nell’appartamento che mi aveva indicato il parroco e il vescovo: trovai la cucina sgombrata perché don Valentino nel frattempo si era trasferito al primo piano. Visto il frigo vuoto, per prima cosa andai a fare la spesa per avere qualcosa da mangiare. D’ora in avanti avrò anche questa necessità: fare la spesa, cucinare e tenere in ordine la cucina. L’appartamento era stato occupato anni prima dalle suore stimmatine: c’erano tre camerette, due bagni, la cucina, sala da pranzo e alcuni ripostigli. Io occupo una cameretta, al termine del corridoio e il bagno attiguo. Le altre due camerette e il relativo bagno in mezzo erano a disposizione per  eventuali ospiti.

Panorama sul paesaggio dalla finestra del soggiorno

Dalla cucina ho l’unica finestra che mi fa godere un bel panorama. La finestra della mia camera guarda il muro della chiesa, ma al mattino fa penetrare di traverso un raggio di sole. La cameretta è arredata con l’essenziale. Mi sono fatto portare un tavolino un po’ più grande per poterci trasferire il computer che, da questo piano, prende meglio. Non ho televisione, ma ho fatto installare un telefono con un modem per potermi collegare in internet.

Il parroco

Mons. Valentino Vannozzi

Quando il vescovo me lo presentò mi disse che era un parroco-contadino che fino a pochi anni fa andava sul trattore a coltivare i campi. In questi quasi  cinquant’anni di parrocchia è sempre vissuto da solo. Vuol fare tutto da sé e non condivide niente con nessuno. Era abituato a comandare e la sua parola era sempre l’ultima, quella che decideva autorevolmente ogni questione. Nel giro degli anni gli furono dati in aiuto diversi viceparroci, ma lui li ha sempre mandati via tutti dopo poco tempo e non ha mai voluto nessun aiutante. Ora, anziano (84 anni) e malato di Alzheimer, stenta a camminare, biascica le parole e la gente si lamenta che non riesce a capirlo quando celebra o predica. Effettivamente anch’io pur standogli a fianco, non riuscivo a capirlo. Lui ha però una enorme forza di volontà e vuole andare avanti da solo, desiderando arrivare al 60° di ordinazione, prima di dare le dimissioni.

Comprendendo la sua situazione e il suo disagio, l’ho rassicurato che non ero venuto a sostituirlo, non avevo alcuna intenzione di diventare parroco, ma che avrei voluto imparare da lui, non avendo alcuna esperienza pastorale. Accettava che io concelebrassi con lui, ma non mi ha mai ceduto la presidenza. Alla solenne messa di mezzanotte a Natale, mi disse senza complimenti: “Non si concelebra” per cui me ne dovetti stare buonino alle sedi e lo aiutai solo a distribuire la comunione. In seguito mi indicava le messe da celebrare la domenica: la prefestiva del sabato, quella delle 8 al mattino, ma poco alla volta mi affidò anche quella delle 11,15, riservando a sè solo quella serale delle 18. Non comunicava quasi mai direttamente con me, ma gli ordini li ricevevo di solito tramite il sacrestano. Il più delle volte mi toccava celebrare i funerali, per cui nei primi mesi ne celebrai una ventina. Dopo qualche mese continuava ad insistere perché io chiedessi al vescovo che cosa dovevo fare. Gli feci presente che gli incarichi avrei dovuto riceverli da lui che era parroco e non dal vescovo. Il vescovo mi diede alcune indicazioni generiche per accontentare l’arciprete.

Nomina a vicario parrocchiale

Effettivamente mi mancava la nomina ufficiale. Il vescovo aspettava il permesso del mio superiore che io avevo ricevuto ancora a novembre, ma ero convinto che il vescovo ne avesse ricevuto copia. Chiarito l’equivoco, gli feci avere copia del permesso di “Assenza dalla casa religiosa per un anno” e dopo pochi giorni il vescovo mi fece avere la nomina a vicario parrocchiale datata dal 1. Febbraio 2017. Da questa data scattava anche l’assegno per il sostentamento del clero. Questo avrebbe dovuto sospendere l’Assegno sociale che negli ultimi anni ricevevo dall’INPS.

Malattia e morte del parroco

Processione del Venerdì santo.

Dopo qualche mese dal mio arrivo, ho visto dei miglioramenti nella malattia di don Valentino. Forse la mia presenza e qualche medicina lo ha spronato a riprendersi un po’. Non usava più il bastone e riusciva a camminare più speditamente. Ma erano solo illusioni. La settimana santa era molto preoccupato per l‘organizzazione della processione del venerdì santo con il Cristo morto, detta “la bella” che si faceva ogni quattro anni, con 8 comparse in costume, i cavalli e tutta la gente del paese. Nel consiglio pastorale siamo riusciti a convincerlo ad invitare l’altro parroco (Torrita stazione) a presiedere la processione. Per lui questa preparazione fu l’ultimo sforzo. Era molto sofferente e la mattina del sabato santo fu ricoverato all’ospedale per accertamenti. Furono scoperte diverse metastasi che indicavano una drammatica situazione senza ritorno. Volle essere riportato a casa, ma capì che non poteva stare solo. Il 20 maggio chiese lui stesso di essere portato in casa di riposo a Sartiano, dove resistette per una decina di giorni, ma poi chiese che lo si riportasse a casa, e si cercasse una badante per assisterlo. Fummo fortunati a trovare una signora ucraina molto  paziente che lo assistette amorevolmente fino al suo decesso avvenuto la mattina del 27 giugno. Il giorno seguente ebbero luogo le esequie presiedute dal vescovo e partecipate da 25 sacerdoti. Don Valentino è stato un grande parroco legato alla storia e alla vita di questo paese per quasi cinquant’anni.

Nuove abitudini

La prima impressione del mio nuovo stile di vita fu la solitudine. Sono letteralmente solo e ora che il parroco non c’è, ancora di più. Non vedo più gente attorno a me. La vita non è più regolata da ritmi comunitari, da orari, da campanelli. Me la devo costruire io di giorno in giorno, fissandomi degli orari di massima, distribuendo il tempo tra preghiera, studio, impegni e lavoro. Vanno inclusi anche i tempi per fare la spesa, per cucinare, lavare le stoviglie, pulire e tenere in ordine l’appartamento. Devo pensare anche alla biancheria, dove lavarla, ecc.

Presenza discreta come osservatore

La mia presenza in parrocchia era discreta, non invadente: facevo quello che mi veniva suggerito. Cercavo anzitutto di imparare, osservare, di essere presente alle lezioni di catechismo la domenica. Appoggiavo l’iniziativa dell’Oratorio, proposto spontaneamente da un gruppo di insegnanti. Mi informavo sulle attività che venivano organizzate dalle varie associazioni che man mano venivo scoprendo.

Nella piazza principale in attesa della sfilata.

Dico scoprire, perché mancavano informazioni e comunicazioni. Girando per le stradine del borgo trovo non solo le chiese, che sono una decina, ma anche le insegne delle contrade, legate alle “porte” del borgo (Porta Gavina, Porta a Pago, Porta a Sole, Porta Nuova), ciascuna con le loro bandiere, i loro colori e le loro uniformi, le loro sedi. Scopro tante associazioni, Accademia degli Oscuri, Centro turistico, la Misericordia, le Acli, Associazione Sagra san Giuseppe diventata poi la folkloristica manifestazione del Palio dei somari, con le sfilate storiche in costume, gli sbandieratori, le clarine, i tamburini, società musicali, la banda, il coro parrocchiale, sportive: società di tamburello, associazione moto e auto d’epoca, tante iniziative culturali: la biblioteca comunale, la biblioteca parrocchiale, settimana del libro, “memorie di carta”, archivi, mostre, ecc.

Vita di parrocchia

Concelebrazione con il vescovo e il parroco per la cresima nel nov.  2016.

La vita della parrocchia è ritmata dalla liturgia e dalle attività pastorali: feste e tradizioni, funzioni, sacramenti, catechismi, prime Comunioni, Cresime, oratorio. Le cresime furono amministrate a novembre, quando io ero appena arrivato. Le prime Comunioni ho dovuto celebrarle io nella festa di Pentecoste il 4 giugno, essendo il parroco già molto malato. La domenica dopo, festa del Corpus Domini, ho portato il Santissimo per le vie del paese nelle quali erano state allestiti tappeti di fiori con molta fantasia. Anche qui dovevo accontentarmi di venir a sapere nella imminenza delle circostanze quali erano le usanze, le cose da fare, da coordinare. Il parroco non aveva alcun dialogo con me, non mi spiegava nulla e io non ero invadente o curioso di sapere.

 

Comunicazioni

Trovando difficoltà nell’essere informato per tutte quelle manifestazioni, ho dedotto che mancavano degli strumenti di informazione sia in paese che in parrocchia. Ho trovato in biblioteca un notiziario pubblicato dal 1936 agli anni 60 e ho pensato di farlo risuscitare in un formato moderno. La mia esperienza passata (Russia e biblioteca UPS) mi venne in aiuto e ho progettato un Notiziario parrocchiale, il cui primo numero è apparso il 15 marzo 2017, poi pensavo di realizzare un sito web.  Nonostante lo scoraggiante commento dell’arciprete (“Qui nessuno legge!”) ho fatto il tentativo stampandone 800 copie e distribuendolo direttamente durante la benedizione delle famiglie. Ho raccolto decine di indirizzi di posta elettronica ai quali inviai i successivi numeri, fino all’ultimo, quello di addio a fine giugno 2020.