Comunicazione sconvolgente

Una comunicazione inattesa

Dopo aver ricevuto per la seconda volta il mandato di prefetto, stavo lavorando con grande impegno. Nel settembre 2011 il rettore aveva espresso il desiderio di creare in biblioteca uno spazio per l’archivio dell’università, che ormai era inattivo da diversi anni in quanto l’incaricato era impegnato in un ufficio in Vaticano.
Da un sopraluogo nel terzo magazzino, il Rettore aveva individuato due stanze abbastanza capaci che potevano essere indipendenti dalla biblioteca.
Ci ingiunse di svuotarle spostando i libri in biblioteca.
Proposi e ottenni che le operazioni di sgombero fossero a carico del Rettore e che lo spostamento dei libri avvenisse assieme ad altre due operazioni:
lo spolvero e il controllo dei libri, affinché anche la biblioteca traesse vantaggio da questa operazione. Furono così controllati e smistati in pochi mesi oltre 20.000 volumi. Il mio zelo mi fece lavorare anche alla sera tardi a smistare e spostare i libri, creare spazio e spolverare gli scaffali. Con il sudore in quel luogo fresco mi presi una polmonite che mi fece fare un mese di ricovero nell’infermeria. Continuavo comunque a seguire da lontano i lavori. Dimesso dall’infermeria ripresi normalmente il mio lavoro di ufficio.

Non molto tempo dopo ricevetti nel mio ufficio la visita inaspettata di un superiore maggiore che dopo avermi chiesto come stavo, subito dopo aggiunse che il vero motivo della visita non era la mia salute, ma l’annuncio che tosto mi fece: “Il Rettore ti vuole cambiare”.
Fu un fulmine a ciel sereno e dallo shock, inebetito non riuscii a dire niente.
Mi disse che era già stata individuata una persona destinata ad assumere l’incarico di prefetto al posto mio. Quanto a me si presentavano due possibilità: o restare ad aiutarlo, oppure scegliere di andarmene. Dopo quello sconvolgente annuncio, mi aspettavo almeno una chiarificazione dal Rettore, visto che la decisione era partita da lui.
Il primo interrogativo che mi sorgeva spontaneo era: perché non me ne ha parlato personalmente? Si sarebbe potuto esaminare insieme la situazione e, se c’erano dei problemi, li si poteva discutere serenamente. La cosa mi puzzava di mistero e di torbido.

Ovviamente la notizia si riseppe, ma la situazione rimase per un po’ di tempo quieta. In un successivo colloquio con il superiore che faceva la visita straordinaria, feci capire l’assurdità di quella decisione e insistetti perché venisse definito meglio il mio ruolo. Per i primi di settembre venne rinnovato temporaneamente il mio incarico con la condizionante “fino alla nomina del nuovo prefetto”. Questa avvenne prima di Natale ed era retroattiva. A me non fu data più alcuna comunicazione sul ruolo che avrei avuto. Lascio immaginare i commenti e le perplessità da parte del personale della biblioteca, dei docenti e delle persone assennate.

Una decisione incomprensibile e illogica

Il nuovo prefetto, che sarebbe arrivato all’UPS a settembre, proveniva dal nord dove aveva appena terminato il suo compito come direttore di una scuola.
Non aveva alcuna conoscenza di biblioteche. La logica avrebbe suggerito di affiancarlo ad una persona esperta per un paio di anni per prendere progressiva conoscenza della biblioteca e del suo funzionamento.
Ma il Rettore aveva deciso di accelerare i tempi: si preoccupò di iscriverlo subito alla Scuola di biblioteconomia, ma ciò avrebbe potuto concretizzarsi solamente l’anno successivo in quanto le iscrizioni avvenivano entro maggio e la pubblicazione degli iscritti accettati veniva resa nota verso metà luglio.
Con evidente sorpresa il suo nome non appariva nell’elenco degli allievi accettati e nemmeno nella lista delle riserve. Venimmo a sapere anche di una lettera del Direttore della scuola vaticana di Biblioteconomia nella quale venivano date le motivazioni per la non accettazione del candidato: anzitutto l’età superata di almeno dieci anni (il limite era posto a 55 anni), inoltre venivano anche commentate negativamente le motivazioni apportate per l’iscrizione: le qualità possedute dal candidato non erano comunque sufficienti e adeguate per l’incarico previsto. No comment. Qualcuno, anche di notevole autorità in biblioteconomia (Direttore della Scuola vaticana), aveva detto finalmente una parola chiara su una decisione a dir poco avventata. Con questa notizia, comunicatami un’ora prima della mia partenza per le ferie, partii  pensando alle complicazioni che questa decisione avrebbe provocato.

Dovevo andarmene

L’8 ottobre 2012 venivo invitato ad un colloquio con il Vicario del RM presso la casa generalizia. Non riuscivo ad intuire il motivo dell’incontro, ma il mistero venne subito svelato. Già alcuni mesi prima venivo invitato dal superiore locale a “cercarmi un’ispettoria”, cioè ad andarmene dall’UPS per poter rifare la convenzione. Questa volta invece mi si disse senza preamboli che veniva rinnovata la mia “obbedienza “ per un anno e poi avrei dovuto andarmene  dall’UPS, ma (bontà dei superiori!) avrei potuto scegliere tra le seguenti possibilità: ritornare alla mia ispettoria di origine (Circoscrizione Piemonte, scegliere il Veneto (per avvicinarmi ai miei parenti) oppure ancora entrare nella Ispettoria di Piła, in Polonia, alla quale ero stato automaticamente iscritto quando i confratelli e le case della Russia erano stati spartiti tra le ispettorie polacche.

 

Colloqui inutili

Colloqui inutili  con i Superiori

Non riuscirete ad immaginare quale fu lo shock della comunicazione che mi invitava ad andarmene dall’UPS, comunicazione fatta con tutto candore dal superiore il quale motivava questa decisione per il disagio in cui si trovava l’attuale prefetto della biblioteca: la mia presenza era “ingombrante”, gli facevo ombra! Io non gli avrei dato le consegne, continuavo a “comandare” come prima, non gli lasciavo spazio di azione.
Di fronte a queste “accuse” mi sentii ribollire e reagii, dicendo come era invece effettivamente la situazione: la persona in questione (il neo nominato prefetto), non reagiva ai miei stimoli e non si curava affatto della biblioteca; non aveva ancora preso visione della situazione e di tutta la sua complessità; non sarebbe stato in grado di assolvere autonomamente questo importante compito che richiedeva molte specifiche competenze: conoscenze di biblioteconomia, informatica, lingue.

Il superiore, con sconcertante ignoranza, disse non essere al corrente di questi particolari e allora non sapendo come reagire, chiamò rinforzi invitando al colloquio anche il superiore addetto alla formazione, il quale insistette che questa era la norma: dopo i settant’anni si poteva rinnovare l’incarico solamente di anno in anno. Anche lui insistette sul mio allontanamento. Feci presente la mia competenza di tanti anni di lavoro e che il mio allontanamento avrebbe creati disagi ancor maggiori se non addirittura dei disastri, tanto più che era stato appena introdotto un nuovo programma di gestione, non ancora perfettamente funzionante. Le mie obiezioni non ebbero molto effetto sulle decisioni dei due superiori e allora chiesi di poter chiarire la questione con il Rettore dell’Università, convinto che le obiezioni per le difficoltà che io avrei creato, soprattutto con il personale, lo potessero convincere.

Con il Rettor magnifico

Il giorno seguente ebbi un appuntamento con il Rettore al quale per oltre un’ora esposi il mio parere, lamentando anzitutto il modo disumano con cui queste decisioni erano state prese: sulla base di qualche delazione non appurata, della mancanza di dialogo e di informazione con la persona direttamente interessata. Passai all’attacco denunciando anch’io la situazione pesante e la mancanza di comunicazione. Mi ripromisi di parlare io stesso con la persona dalla quale erano partite queste assurde richieste (il nuovo prefetto). Non avrei mai immaginato che potesse giungere a tanto.

Con il nuovo Rettor maggiore

Tornando un passo indietro, nell’aprile 2014 terminava il Capitolo generale. Sperando nella comprensione del neo eletto Rettor maggiore, al quale avevo fatto pervenire un dossier sulla biblioteca, chiesi di avere un colloquio con lui. Mi ricevette in modo molto sbrigativo, dicendomi che tutti i superiori (Rettor magnifico, superiore della visitatoria e anche il suo vicario) concordavano nel dire le stesse cose, cioè di mandarmi via dall’UPS, per cui dovevo seguire la loro decisione. Restai senza parole e allora dissi che, dopo tutto quello che avevo fatto, mi sentivo talmente demoralizzato che avrei voluto uscire dalla Congregazione oppure chiedere un periodo di riflessione per prendere una decisione. Mi disse di essere d’accordo per concedermi un anno sabbatico.

Con il nuovo prefetto

Il  Vicario del R.M., aveva inviato una lettera a me e per conoscenza anche al Rettore e al Prefetto della Biblioteca, e io desideravo commentarla assieme al Prefetto, visto che anche lui era cointeressato. Purtroppo, egli si rifiutò in modo assoluto di entrare in merito, pur avendogli inviato una mail il giorno dopo. Più volte ho insistito di potergli parlare, ma mi negò sempre la possibilità di un incontro e di un dialogo. Gli chiesi se gli avessero proibito di parlare con me. La risposta fu fin troppo chiara:  “A me è stato detto di tenermi fuori, come ho fatto”.

 

Ricerca di appoggio

Ero fermamente convinto che il mio allontanamento dalla biblioteca avrebbe recato molti danni (come già era facile vedere dalla situazione attuale) e che il motivo dei 70 anni era solo un pretesto facilmente superabile, cercai appoggio presso varie autorità con l’intenzione di risolvere la mia situazione e poter rimanere. Volentieri avrei voluto continuare a lavorare in biblioteca per la quale sentivo una particolare propensione e, oltre l’esperienza, mi sembrava di possedere tutte le doti necessarie per essere di aiuto. Qualcuno forse avrebbe convinto i responsabili a recedere da questa decisione. Altri confratelli erano rimasti al lavoro, nonostante gli anni, fino al termine dei loro giorni. Incominciai una dolorosa via crucis per incontrare chi mi poteva sostenere.

Mi rivolsi al card. F., ex Rettore dell’UPS e bibliotecario emerito di S.R. Chiesa, chiedendo il suo parere: “devo insistere di rimanere o cedere e andarmene?” Egli mi consigliò: “Resta, perché tu solo conosci bene la biblioteca”. Ma alla mia replica che ormai era già stato decretato il mio trasferimento, ha fatto un cenno che forse avrebbe tentato lui. E in effetti qualche tempo dopo mi telefonò dicendo che aveva incontrato in piazza san Pietro il Rettor maggiore con il suo vicario che gli avrebbero detto, essere io destinato a Torino ad un non ben precisato compito. “Mi dirai poi tu di che si tratta”.

Parlai ancora con il Rettor magnifico, da lui non sono mai riuscito a sapere le cause della sua decisione, se non una frase che sembrava un’ironia: “Certo che con te, perdiamo una competenza!” Probabilmente era anche convinto di aver preso una decisione sbagliata che avrebbe recato danno alla biblioteca.

Andai a parlare con il superiore della visitatoria, che mi disse solo parole di circostanza. Decisi allora di incontrare tutti i decani delle varie facoltà ai quali, affidando un dossier sulla biblioteca, prospettai le conseguenze del mio allontanamento, ma nessuno si schierò dalla mia parte o mi propose nulla.

Infine, ottenni un lungo colloquio con l’Economo generale che conosceva bene tutta la situazione: aveva letto coscientemente tutto un dossier sulla biblioteca che gli avevo inviato. Mi ascoltò con attenzione, appoggiò le mie giuste obiezioni e mi chiese scusa di come ero stato trattato dai superiori. Mi confidò che all’UPS, dopo il fallimento della nomina di un salesiano non competente, pensavano di risolvere la questione affidando la biblioteca ad un esperto esterno. Risposi profeticamente che secondo me sarebbe stata una soluzione che avrebbe creato diversi altri problemi soprattutto nei rapporti con il personale e con i docenti. Anche se si fosse trattato di una persona competente, non avrebbe potuto inserirsi in un ambiente a lui estraneo, come avrebbe potuto fare un salesiano.

Ultimo tentativo inutile di colloquio con il “prefetto”, avvenne pochi giorni prima della mia dipartita, fissata il 30 giugno. Sapendo in quali difficoltà si trovava, Intendevo offrirgli fraternamente un aiuto su questioni urgenti che mi avrebbe sottoposto. Mi fece avere un biglietto il giorno dopo con un elenco di domande alle quali sarebbe stato impossibile rispondere in breve tempo. D’altra parte egli aveva avuto due anni di tempo per farmi delle domande.

 

Quale decisione?

Dove andare?

Il mio compito come bibliotecario era terminato. Dai Superiori, impazienti di togliermi dai piedi, venivano insistenti sollecitazioni affinché indicassi la scelta della mia destinazione. Ora ero davanti alla scelta di andarmene: ma dove? Mi erano state presentate tre proposte: tornare in Russia (ora Polonia), rientrare nella mia ispettoria di origine (Piemonte) oppure avvicinarmi ai miei familiari (Nord est). Nessuna di queste proposte mi convinceva e allora scelsi il ritorno in Piemonte.
Senza molta convinzione, indicai la mia ispettoria di origine, il Piemonte. E così mi arrivò la lettera ufficiale di obbedienza che mi invitava a tornare al Nord da dove ero sceso a Roma nel 1986. Da allora erano passati trent’anni. Presi contatto con l’ispettore che non conoscevo e mi incontrai con lui a Roma. Gli raccontai la mia storia e anche lui mi disse che, non conoscendomi, non sapeva quale proposta farmi. Gli dissi che intendevo usufruire della concessione fattami dal Rettor maggiore di prendermi un anno sabbatico e che avrei voluto trascorrerlo a Roma. Il motivo era che intendevo portare a termine un mio lavoro sulle lingue per il quale avrei avuto bisogno di consultare biblioteche che conoscevo.

Perchè non in Moldavia?

A giugno (7-13) avevo partecipato agli Esercizi spirituali a Loreto, dove feci conoscenza con alcuni confratelli provenienti dal Veneto e in particolare con don Livio Mattivi, trentino, proveniente dalla Moldavia. Egli, sapendo che ero stato in Russia volle conoscermi e, saputo della mia indecisione per il futuro, mi rivolse l’invito ad andare a vedere la nostra opera di Chişinău, dove la mia conoscenza di russo poteva essere utile. Mi organizzai per andarci a vedere dal 13 al 17 ottobre. Trovai una piccola comunità di 5 persone, 4 italiani e un polacco. Parlai a lungo con il direttore cercando di concordare un mio possibile inserimento in questa comunità. Avrei potuto ripetere la mia esperienza russa, dedicandomi al settore delle comunicazioni, creando gli strumenti per rendere più visibile l’azione dei salesiani in Moldavia: sito web, un bollettino, pubblicazione di libri (recuperare i libri russi stampati a Gatchina), ecc.
La casa era ancora in stato di sistemazione: esisteva una fiorente attività di oratorio, una piccola comunità-famiglia dove erano raccolti una dozzina di ragazzi poveri e si stava terminando l’allestimento per alcuni laboratori (saldatori, informatica, taglio e cucito) per la scuola professionale.
Felice combinazione: si celebrava in quei giorni la festa della Madonna del Soccorso, patrona della città. Partecipai in cattedrale alla solenne liturgia presieduta da mons. Galantino, segretario della CEI, e dal vescovo locale mons. Koša, una liturgia plurilingue dove oltre l’italiano e il latino, risuonava anche il romeno, il russo e il polacco.

Dopo la messa, durante un buffet feci la conoscenza (incredibile!) con un mio secondo cugino Lorenzo. Prima di partire mons. Galantino venne a visitare il centro salesiano benedicendo i locali. L’ultimo giorno noi ospiti fummo accompagnati da un prete rumeno che ci faceva da interprete, a visitare le cantine sotterranee che si estendevano dentro la collina per 50 km.

Eventi (2015-2020)

Anche quest’anno sabbatico no fu privo di eventi. Dal diario nel computer su cui tenevo nota dei principali avvenimenti, riesco a ricostruire alcuni momenti significativi. La distanza di Castel Gandolfo da Roma di circa 25 km poteva essere coperta con 40 minuti di treno, per cui sovente quando avevo necessità o motivi sufficienti raggiungevo la città.

Campi scout

Scout partecipanti al campo di specializzazione

Gli scout non avevano voluto perdermi e mi avevano ingaggiato per i campi di specializzazione e così in giugno (2015 e anche 2016) partecipai al campo mobile di specializzazione Sherpa che passava da Roviano, Riofreddo e Vallinfreda. Al secondo campo parteciparono una trentina di ragazzi/e da tutta Italia.

Corso di informatica

Prima dell’estate avevo fatto un corso per impratichirmi meglio del programma WordPress per la costruzione di siti internet. Avevo seguito precedentemente un corso online su Joomla, dove avevo un po’ di pratica avendo gestito il sito della biblioteca, creato appunto con Joomla, ma poi diverse persone mi consigliavano WordPress come un programma più diffuso e semplice.
Con esso ho costruito il sito sulla storia della mia famiglia che sognavo da tanto tempo: il sito è visibile al seguente indirizzo: tabarelli.org costruito precedentemente in 4 lingue, ora interamente rifatto.

Un altro evento da segnalare è stata la celebrazione del 25° della fondazione di URBE, organizzato con un convegno presso la università Urbaniana il 9 giugno. Non si voleva fare una rievocazione storica, ma solamente degli interventi teorici e generici sulla collaborazione tra biblioteche. Un incidente di percorso fu l’intervento della dott.sa Tiziana Possemato che, rievocando gli inizi di questa storia, ha osato citare il mio nome, per giustizia storica, nonostante le proteste dei dirigenti. Un intervento che mi è molto piaciuto fu quello del padre Ermes Ronchi, dei Servi di Maria.

Visita in Moldavia (13-17 ottobre)

A giugno (7-13) avevo partecipato agli Esercizi spirituali a Loreto, dove feci conoscenza con alcuni confratelli provenienti dal Veneto e in particolare con don Livio Mattivi proveniente dalla Moldavia. Egli, sapendo che ero stato in Russia volle conoscermi e, saputo della mia indecisione per il futuro, mi rivolse l’invito ad andare a vedere la nostra opera di Chişinău, dove la mia conoscenza di russo poteva essere utile. Mi organizzai per andarci a vedere dal 13 al 17 ottobre. Trovai una piccola comunità di 5 persone, 4 italiani e un polacco. Parlai a lungo con il direttore cercando di immaginarmi un possibile inserimento in questa comunità. Avrei potuto ripetere la mia esperienza russa, dedicandomi al settore delle comunicazioni, creando un sito web e un foglio di comunicazioni per far sapere a più vasto raggio l’azione dei salesiani in Moldavia. La casa era ancora in stato di sistemazione: esisteva una fiorente attività di oratorio, una piccola comunità-famiglia dove erano raccolti una dozzina di ragazzi poveri e si stava terminando l’allestimento per alcuni laboratori (saldatori, informatica, taglio e cucito) per la scuola professionale. Felice combinazione: si celebrava in quei giorni la festa della Madonna del Soccorso, patrona della città. Partecipai in cattedrale alla solenne liturgia presieduta da mons. Galantino, segretario della CEI, e dal vescovo locale mons. Koša, una liturgia plurilingue dove oltre l’italiano e il latino, risuonava anche il romeno, il russo e il polacco.

Dopo la messa, durante un buffet feci la conoscenza (incredibile!) con un mio secondo cugino Lorenzo. Prima di partire mons. Galantino venne a visitare il centro salesiano benedicendo i locali. L’ultimo giorno noi ospiti fummo accompagnati da un prete rumeno che ci faceva da interprete, a visitare le cantine sotterranee che si estendevano dentro la collina per 50 km.

Visita a Torino

Il gruppo MASCI celebra 30 anni di fondazione

Anche gli scout di Torino non si dimenticarono di me e a fine settembre 2015 il gruppo del MASCI (Adulti scout) da me fondato, celebrava 30 anni di fondazione e, ovviamente, insistettero per avermi con loro. Ci andai volentieri, sia per rivedere vecchi e indimenticabili amici, sia per prendere contatto con il mio legittimo superiore al quale avevo richiesto un secondo anno sabbatico per via di mio fratello. Il MASCI l’avevo fondato nel 1983 per rispondere al desiderio di alcuni genitori degli scout che desideravano far anche loro simili esperienze. Ora quei genitori sono diventati nonni, ma il gruppo qualche anno fa si è rinnovato con l’ingresso dei capi di allora ringiovanendo il gruppo. Per me è stato un ritorno ai tempi in cui ero attivo assistente scout del gruppo Leumann. Ho passato con loro una bella serata. Ero ospite della parrocchia salesiana di Cascine Vica.

Sul posto ho approfittato anche per far visita alle “mie” Carmelitane di via Bruere e per dare uno sguardo all’edificio della ex-Elledici, in parte demolito e il corpo principale trasformato in un ospizio per anziani. Un giorno l’ho dedicato a recarmi a Valdocco per visitare don Bosco nella Basilica di Maria Ausiliatrice e per incontrarmi con l’Ispettore. Gli chiesi che cosa aveva in mente di affidarmi nel caso io tornassi a Torino. Mi fecero visitare i sotterranei del cortile di Valdocco a vedere il deposito di libri che avevano intenzione di affidarmi. Incontrai tanti amici che non vedevo da anni. Non mancai anche di andare a trovare i confratelli “malati” a Valsalice, dove trovai due miei compagni di noviziato, il sig. Rocchi e don Lonardi. Ripartii alla volta di Roma, pieno di ricordi e di impressioni, ma con l’idea che Valdocco non facesse per me.

Padre Angelo, mio fratello prete

Mio fratello P. Angelo festeggia con i suoi confratelli 60 anni di sacerdozio.

Per il 29 giugno 2015 raggiunsi la Sicilia, dove mio fratello p. Angelo dei Venturini festeggiava i 60 anni di sacerdozio. Gli unici rappresentanti dei parenti, oltre me fu mia nipote Franca dalla Germania. In quell’occasione l’arcivescovo di Messina e la comunità parrocchiale di San Sebastiano davano anche l’addio alla comunità dei Venturini che lasciavano la Sicilia per essere trasferiti a Roma nella parrocchia di san Cleto. Questo fu anche il motivo per cui io mi sentii in dovere di chiedere un altro anno sabbatico proprio per stare vicino a mio fratello sacerdote, sostenerlo in questo traumatico cambio e per conoscerlo meglio. P. Angelo era un fratello che conoscevo troppo poco: lui era entrato dai Venturini nel 1941, anno in cui io nascevo. I nostri contatti sono stati sempre sporadici: ci vedevamo solo occasionalmente presso i nostri familiari, ma sempre per breve tempo. Io andavo ad alloggiare a Coredo da una sorella e lui a Faedo da un fratello a Faedo.

I solenni funerali di p. Angelo presieduti dall’arcivescovo di Messina.

Dopo aver svolto per 46 anni il suo impegno pastorale in Sicilia, viveva come una grande sofferenza il suo trasferimento a Roma, dove non conosceva nessuno e si sentiva inutile per i suoi acciacchi di salute. Diverse volte ho potuto andare a trovarlo e a parlare con lui da sacerdote a sacerdote. Così ci siamo conosciuti anche a questo livello. Anziano e malato, aveva chiesto invano al suo superiore generale di poter tornare in Sicilia per morire ed essere là sepolto. Dietro le sue insistenze, il nuovo superiore, eletto nel loro capitolo generale nel luglio 2016, gli diede il sospirato permesso e il 3 novembre fu accompagnato in Sicilia, e sistemato in una casa di riposo per anziani a Barcellona di Messina.
Nei pochi mesi in cui visse fu circondato da amici e assistito amorevolmente. Colpito da una broncopolmonite rese la sua anima a Dio il 10 marzo 2017. Dopo una lunga veglia funebre, i funerali furono celebrati con la partecipazione di oltre 100 sacerdoti e 1500 fedeli, dall’arcivescovo di Messina. Presenti anche una quindicina di noi parenti, venuti dal Trentino: sorelle, fratelli e diversi nipoti. Il funerale è stato un trionfo e ha dimostrato quanto p. Angelo fosse amato e stimato.

Libri sulle lingue e le scritture

In questo anno di “pausa” portai avanti la realizzazione del mio sogno di bibliotecario: lasciare ai miei collaboratori e colleghi, il meglio della mia passione per le lingue, completando un libro con la presentazione e il  confronto di varie lingue e una panoramica sull’affascinante tema delle scritture e degli alfabeti.

Invece di descrivere questi due libri, preferisco riportare le interviste che mi furono fatte quando presentai Lingue e scritture al Salone del Libro di Torino nel 2018

(2) “Lingue e scritture” – Giuseppe Tabarelli – YouTube    [2’10”]

(2) Giuseppe Tabarelli dal Salone Internazionale del Libro di Torino 2018 – BookSprint Edizioni – YouTube    [17’22”]

e il libro Alfabeti e scritture, presentato al Palafiori di Sanremo nel 2019

(3) Giuseppe Tabarelli dal Palafiori di Sanremo 2019 – Booksprint Edizioni – YouTube [20’08”]

(2) “Alfabeti, scritture e…lingue” – Giuseppe Tabarelli – YouTube  [2’00”]

Questo volume, che tratta di alfabeti e scritture, è pensato come introduzione e completamento al libro “Lingue e scritture” da tempo disponibile. Attratto e affascinato dalle scritture esotiche fin dalla mia infanzia ho sviluppato questo interesse fino alla composizione di questo manuale

Per terminare, aggiungo anche la video-intervista che l’editrice BookSprint mi ha fatto il 10 marzo 2021 sul libro Alfabeti, scritture e… lingue.

(12) Facebook Live | Facebook   [23’20”]

Intervista all’autore – Giuseppe Tabarelli – BookSprint Edizioni Blog
[in forma scritta]

 

 

 

Nuova proposta

Cambio di rotta

A Castelgandolfo avevo continuato il mio solito servizio liturgico per tutto il mese di luglio 2016, celebrando la messa per le madri del Consiglio generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, raccolte nella casa di Santa Rosa.

Nel mese di agosto, passato per motivi di salute al mare, mi si acuì un forte attacco di sciatica che mi fece decidere dall’insistere per la mia destinazione in Moldavia. Anche l’ispettore del Veneto aveva da parte sua delle riserve e dei dubbi sul mio inserimento a Chişinău. Restavo così ancora molto incerto sulla mia futura destinazione e aspettavo un segnale dalla Providenza. Continuavo intanto a fare periodicamente visita a mio fratello p. Angelo presso la parrocchia s. Cleto di Roma nella zona di San Basilio. Ebbi dei colloqui molto profondi e personali riguardanti la mia vita di religioso e di sacerdote. Gli manifestai anche la mia indecisione per gli anni futuri.

Un segno dalla Provvidenza

Tipico paesaggio toscano

La Provvidenza mi inviò un segnale chiaro. Il 15 settembre era per me una data storica che mi ricordava nel 1951 l’ingresso nell’aspirantato salesiano di Penango all’età di 10 anni. Ebbene proprio in questa data significativa ricevetti una telefonata da un mio confratello che mi invitava ad un incontro presso l’università del Laterano. Mi si faceva una proposta seria: un aiuto nella diocesi di Montepulciano. Il 6 ottobre feci visita al vescovo: esposi con semplicità la mia storia e lui mi propose il servizio di viceparroco nella parrocchia dei ss. Martino e Costanzo di Torrita di Siena, per affiancare un parroco anziano e malato di Parkinson. Dopo aver ricevuto il permesso di “absentia a domo” per un anno dal mio superiore del Piemonte, attesi ancora la partenza ormai imminente di mio fratello p. Angelo per la Sicilia, dove fu accompagnato dai suoi confratelli, diretto verso la sua nuova destinazione il 3 novembre. Pochi giorni dopo, il 10 novembre partii anch’io per Torrita di Siena, la parrocchia alla quale ero stato destinato.

Dopo un anno passato a Torrita, non vedendo alcuna soluzione in prospettiva, mi appellai al Diritto canonico (can. 693) chiedendo ed ottenendo l’indulto di temporanea exclaustrazione per l’inserimento ad experimentum per 5 anni nella diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza con decorrenza dal 31 gennaio 2018.

Incertezza

Dovevo andarmene, ma dove?

  • L’8 ottobre 2012 venivo invitato ad un colloquio con il Vicario del RM presso la casa generalizia. Non riuscivo ad intuire il motivo dell’incontro, ma il mistero venne subito svelato. Già alcuni mesi prima venivo invitato dal superiore locale a “cercarmi un’ispettoria”, cioè ad andarmene dall’UPS per poter rifare la convenzione. Questa volta invece mi si disse senza preamboli che veniva rinnovata la mia “obbedienza “ per un anno e poi avrei dovuto andarmene  dall’UPS, ma (bontà dei superiori!) avrei potuto scegliere tra le seguenti tre possibilità:
  • tornare da dove venivi: In Russia? Scherziamo! Voleva dire entrare nella Ispettoria di Piła, in Polonia, alla quale ero stato automaticamente iscritto quando i confratelli della Russia erano stati spartiti tra le ispettorie polacche.
  • avvicinarmi ai miei parenti, il che equivaleva scegliere il Veneto, ovvero  ’ispettoria di Nord-est, alla quale apparteneva anche il Trentino.
  • ritornare alla mia ispettoria di origine (Circoscrizione Piemonte).

Tentativo di ragionevole resistenza: inutili colloqui

Ero profondamente convinto che il mio allontanamento dalla biblioteca avrebbe recato molti danni (come già era facile vedere dalla situazione attuale) e che il motivo dei 70 anni era solo un pretesto facilmente superabile, cercai degli appoggi per risolvere la mia situazione e poter rimanere. Volentieri avrei voluto continuare a lavorare in biblioteca per la quale sentivo di avere una particolare propensione e, oltre l’esperienza, mi sembrava di possedere tutte le doti necessarie, cercai di avere pareri e appoggi da varie persone.
Cercai in tutti i modi di resistere a questa decisione, cercando di far capire a tutti i livelli il grande errore che si stava per compiere non solo a danno della Biblioteca, ma anche dell’Università.

Mi rivolsi al card. Farina, ex Rettore dell’UPS e bibliotecario emerito di S.R. Chiesa, chiedendo il suo parere: devo insistere di rimanere o cedere e andarmene. Egli mi consigliò: “Resta, perché tu solo conosci bene la biblioteca”. Ma alla mia replica che ormai era già stato decretato il mio trasferimento, ha fatto un cenno che forse avrebbe tentato lui. E in effetti qualche tempo dopo mi telefonò dicendo che aveva incontrato in piazza san Pietro il Rettor maggiore con il suo vicario che gli avrebbero detto, della mia  destinazione a Torino con un non ben precisato compito. “Mi dirai poi tu di che si tratta”.

Andai a parlare con il superiore della visitatoria, con la speranza di avere un appoggio per evitare il mio trasferimento, ma da lui ebbi solo generiche parole di circostanza.
Volli incontrare tutti i decani delle facoltà ai quali, affidando un dossier sulla biblioteca, prospettai le conseguenze del mio allontanamento, ma nessuno si schierò dalla mia parte o mi propose nulla.

Con il Rettor magnifico

Il giorno seguente ebbi un appuntamento con il Rettor magnifico al quale per oltre un’ora esposi il mio parere, lamentando anzitutto il modo disumano con cui queste decisioni erano state prese: sulla base di qualche delazione non appurata, della mancanza di dialogo e di informazione con la persona direttamente interessata. Passai all’attacco denunciando anch’io la situazione pesante e la mancanza di comunicazione. Mi ripromisi di parlare io stesso con la persona dalla quale erano partite queste assurde richieste (il nuovo prefetto). Non avrei mai immaginato che potesse giungere a tanto.

Infine, ottenni un lungo colloquio con l’Economo generale che conosceva bene tutta la situazione: aveva letto coscientemente tutto un dossier che gli avevo inviato. Mi ascoltò con attenzione, appoggiò le mie giuste obiezioni e mi chiese scusa di come ero stato trattato dai superiori.
Mi confidò che all’UPS pensavano di affidare la biblioteca ad un esperto esterno. Risposi che per me sarebbe stata una soluzione che avrebbe creato diversi altri problemi soprattutto nei rapporti con il personale e con i docenti. Ma per sbagliare i superiori non hanno bisogno di consigli da nessuno.

Egli mi propose anche il ritorno in Germania, dalla quale avevo ricevuto proposte anche in passato: dalla Missionsprokur di Bonn e ora dall’Ispettore per un aiuto a Benediktbeuern oppure in qualche Missione cattolica.

Inutilmente avevo cercato di far comprendere la situazione al Vicario del RM e al Superiore responsabile della Formazione del personale: i due che sembravano alleati per portare a termine il proposito del mio allontanamento.

Con il neoeletto Rettor maggiore

Nell’aprile 2014 terminava il Capitolo generale. Sperando nella comprensione del neo eletto Rettor maggiore, al quale avevo fatto pervenire un dossier sulla biblioteca, chiesi di avere un colloquio con lui. Mi ricevette in modo molto sbrigativo, o meglio non mi ricevette affatto, dicendomi, appena mi vide, che sapeva tutto e che i vari superiori (Rettor magnifico, superiore della visitatoria e anche il suo vicario) concordavano nella decisione di mandarmi via dall’UPS, per cui dovevo seguire la loro decisione. Restai senza parole e allora dissi che, dopo tutto quello che avevo fatto nella mia vita salesiana, mi sentivo talmente demoralizzato che avrei voluto uscire dalla Congregazione oppure chiedere un periodo di riflessione per prendere una decisione. Mi disse di essere d’accordo per concedermi un anno sabbatico.

Con il nuovo prefetto

Il  Vicario del R.M., aveva inviato una lettera a me e per conoscenza anche al Rettore e al Prefetto della Biblioteca, e io desideravo commentarla assieme al Prefetto, visto che anche lui era cointeressato. Purtroppo, egli si rifiutò in modo assoluto di entrare in merito, pur avendogli inviato una mail il giorno dopo. Più volte ho insistito di potergli parlare, ma mi negò sempre la possibilità di un incontro e di un dialogo. Gli chiesi se gli avessero proibito di parlare con me. La risposta fu fin troppo chiara:  “A me è stato detto di tenermi fuori, come ho fatto”.

Dove andare? Torino? A che fare?

Il mio compito come bibliotecario era terminato. Dai Superiori, impazienti di togliermi dai piedi, venivano insistenti sollecitazioni affinché indicassi la scelta della mia destinazione. Nessuna delle proposte che mi erano state fatte mi convinceva e allora scelsi pur senza molta convinzione, la mia ispettoria di origine, il Piemonte. E così mi arrivò la lettera ufficiale di obbedienza che mi invitava a tornare al Nord da dove ero partito per Roma nel 1986. Da allora erano passati trent’anni. Presi contatto con l’ispettore che non conoscevo e mi incontrai con lui a Roma. Gli raccontai la mia storia e anche lui mi disse che, non conoscendomi, non sapeva quale proposta farmi.
Gli dissi che intendevo usufruire della concessione fattami dal Rettor maggiore di prendermi un anno sabbatico e che avrei voluto trascorrerlo a Roma. Il motivo era che intendevo portare a termine un mio lavoro sulle lingue per il quale avrei avuto bisogno di consultare biblioteche che conoscevo.

Moldavia? Proposta accettabile

A giugno (7-13) avevo partecipato agli Esercizi spirituali a Loreto, dove feci conoscenza con alcuni confratelli provenienti dal Veneto e in particolare con don Livio Mattivi, trentino, proveniente dalla Moldavia. Egli, sapendo che ero stato in Russia volle conoscermi e, saputo della mia indecisione per il futuro, mi rivolse l’invito ad andare a vedere la nostra opera di Chişinău, dove la mia conoscenza di russo poteva essere utile. Mi organizzai per andarci a vedere dal 13 al 17 ottobre. Trovai una piccola comunità di 5 persone, 4 italiani e un polacco. Parlai a lungo con il direttore cercando di concordare un mio possibile inserimento in questa comunità. Avrei potuto ripetere la mia esperienza russa, dedicandomi al settore delle comunicazioni, creando gli strumenti per rendere più visibile l’azione dei salesiani in Moldavia: sito web, un bollettino, pubblicazione di libri (recuperare i libri russi stampati a Gatchina), ecc.
La casa era ancora in stato di sistemazione: esisteva una fiorente attività di oratorio, una piccola comunità-famiglia dove erano raccolti una dozzina di ragazzi poveri e si stava terminando l’allestimento per alcuni laboratori (saldatori, informatica, taglio e cucito) per la scuola professionale.
Felice combinazione: si celebrava in quei giorni la festa della Madonna del Soccorso, patrona della città. Partecipai in cattedrale alla solenne liturgia presieduta da mons. Galantino, segretario della CEI, e dal vescovo locale mons. Koša, una liturgia plurilingue dove oltre l’italiano e il latino, risuonava anche il romeno, il russo e il polacco.

Dopo la messa, durante un buffet feci la conoscenza (incredibile!) con un mio secondo cugino Lorenzo. Prima di partire mons. Galantino venne a visitare il centro salesiano benedicendo i locali. L’ultimo giorno noi ospiti fummo accompagnati da un prete rumeno che ci faceva da interprete, a visitare le cantine sotterranee che si estendevano dentro la collina per 50 km.

Decisione di tornare alla Ispettoria di origine

Dai Superiori, impazienti di togliermi dai piedi, venivano insistenti sollecitazioni affinchè io indicassi la scelta della mia destinazione. Senza molta convinzione, indicai l’ispettoria di origine, il Piemonte. E così mi arrivò la lettera ufficiale di obbedienza che mi invitava a tornare al Nord da dove ero sceso a Roma nel 1986. Da allora erano passati trent’anni. Presi contatto con l’ispettore che non conoscevo e mi incontrai con lui a Roma. Gli raccontai la mia storia e anche lui mi disse che, non conoscendomi, non sapeva quale proposta farmi. Gli dissi che intendevo usufruire della concessione fattami dal Rettor maggiore di prendermi un anno sabbatico e che avrei voluto trascorrerlo a Roma. Il motivo era che intendevo portare a termine un mio lavoro sulle lingue per il quale avrei avuto bisogno di consultare biblioteche che conoscevo.